Viene scritto tutti i giorni, gli infortuni in Italia sono troppi e purtroppo sono troppi anche quelli mortali.
È inaccettabile che si muoia di lavoro ma tant’è.
Se a questo dato si aggiunge il fatto che molte volte l’infortunato è dipendente di una impresa subappaltante con scarsissimi mezzi finanziari, avremo l’inquietante conseguenza che il danno, o gran parte di esso, resti non risarcito.
L’Inail indennizza i danni da infortunio sul lavoro ma non per intero. Tra il risarcimento del danno civilistico da infortunio sul lavoro e l’indennizzo garantito dall’Inail vi è un gap, una differenza. Mi spiego meglio: un cittadino italiano che subisca un danno da infortunio ha diritto a un dato risarcimento, ma l’indennizzo dell’INAIL è inferiore, per legge: l’INAIL non può risarcire l’intero danno civilistico.
In certi casi, questa differenza può essere richiesta al datore di lavoro, che però, se non avesse i mezzi finanziari sufficienti, di fatto non risarcirebbe il danno differenziale dovuto al dipendente infortunato o ai suoi eredi. Se la ditta x viene condannata a pagare un risarcimento di 500.000 euro ma non ha i mezzi per farlo, l’infortunato, creditore del danno differenziale, resta a bocca vuota.
L’ordinamento giuridico ha in sé gli strumenti legali per evitare che si compia questa ingiustizia. L’infortunato sul lavoro può chiedere il risarcimento del danno differenziale, oltre che al suo datore di lavoro, anche al committente e all’appaltante.
Il datore di lavoro (che ha dato luogo all’infortunio per sua colpa), gli appaltanti e il committente sono responsabili in solido verso il lavoratore infortunato: art. 1676 c.c.; art. 29, comma 2, D.Lgs. 276/03; art. 26, comma 4, del Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro n. 81/2008.
Ecco cosa dispongono le norme citate:
art. 29, comma 2, D.Lgs.: “in caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore (…) entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti”;
art. 26, comma 4, del Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro:
“Ferme restando le disposizioni di legge vigenti in materia di responsabilità solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e dei contributi previdenziali e assicurativi, l’imprenditore committente risponde in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall’appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) o dell’Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA)”;
art. 1676 c.c.: “Coloro che, alle dipendenze dell'appaltatore, hanno dato la loro attività per eseguire l'opera o per prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l'appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda.”