Licenziamento per giustificato motivo oggettivo

Dopo l'entrata in vigore del Jobs act, i risarcimenti dovuti al lavoratore per la illegittimità di questo licenziamento si sono notevolmente ridotti.

Tuttavia "Il criterio di commisurazione dell’indennità da corrispondere per i

licenziamenti viziati sotto il profilo formale o procedurale, ancorato in via

esclusiva all’anzianità di servizio, 'non fa che accentuare la marginalità dei vizi

formali e procedurali e ne svaluta ancor più la funzione di garanzia di

fondamentali valori di civiltà giuridica, orientati alla tutela della dignità della

persona del lavoratore'. Soprattutto nei casi di anzianità modesta, 'si riducono

in modo apprezzabile sia la funzione compensativa sia l’efficacia deterrente della tutela indennitaria': la soglia minima di due mensilità non è sempre in grado di porre rimedio all’inadeguatezza del ristoro riconosciuto dalla legge."

Questo tipo di licenziamento, detto anche licenziamento economico, negli ultimi anni è stato regolato da varie norme, prima dalla legge Fornero e poi dal Jobs act.

In sostanza, le garanzie per il lavoratore si sono ridotte prima con l'entrata in vigore della legge Fornero e poi si sono ulteriormente ridotte con l'entrata in vigore del Jobs act.

Dal Jobs act, per l'illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, non è prevista la reintegrazione e i risarcimenti sono proporzionali all'anzianità di servizio.

Nel sistema previgente, le mensilità previste dalla legge per il risarcimento in caso di illegittimità del licenziamento erano mensilità pesanti, cioè l'intera retribuzione annuale (RAL) diviso dodici. Il Jobs act invece, oltre a ridurre il numero delle mensilità dovute al lavoratore in caso di illegittimità del licenziamento, ha ridotto il valore della mensilità per calcolare il risarcimento del danno dovuto al lavoratore.

"La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4 del dlgs. n. 23 del 2015 (cosiddetto Jobs Act) là dove fissava l’ammontare dell’indennità in un importo pari a una mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio."

Autore: Tommaso Dilonardo 15 feb, 2023
Un caso particolare di illegittimità del contratto a tempo determinato. Il contratto a tempo determinato, perché non abbia vizi, deve rispettare una normativa molto puntuale. Questo deriva dal fatto che il termine a un contratto costituisce una caratteristica che penalizza moltissimo questo rapporto, rispetto soprattutto al tipo ordinario di rapporto di lavoro, quello subordinato a tempo indeterminato che resta sempre il contratto tipico. Qui non analizzerò tutti i tipi di illegittimità del contratto a tempo determinato, ma solamente un tipo di illegittimità. Il contratto deve esistere e dev'essere sottoscritto, sia dal datore di lavoro che dal lavoratore, in mancanza di questo è illegittimo. Il modello Unilav non è un contratto, ma solo un importante documento che fornisce indicazioni sul rapporto di lavoro. Se quindi al momento dell'inizio del rapporto il contratto, nonostante sia stato formalizzato a tempo determinato, non vi è stato consegnato e non l'avete firmato, il vostro contratto è illegittimo e consente di chiedere al datore di lavoro il risarcimento del danno e la conversione del rapporto a tempo indeterminato.
Autore: Tommaso Dilonardo 06 apr, 2022
Cercherò di fare, in estrema sintesi, il punto della situazione. Dopo la conversione in legge del Decreto dignità, sarà necessario comprendere quale norma applicare al caso concreto e soprattutto quale interpretazione darà la giurisprudenza alle nuove norme. Le modifiche più significative sono le seguenti: I contratti acausali possono essere stipulati per un massimo di dodici mesi; la durata massima è fissata in ventiquattro mesi con un massimo di quattro proroghe: (eccetto che per le attività stagionali, per il personale artistico e tecnico delle fondazioni di produzione musicale, e altri casi specifici) il superamento dei dodici mesi può avvenire solo per: sostituzioni; esigenze straordinarie, temporanee e oggettive; incrementi temporanei e non programmabili dell'attività ordinaria; il termine per l'impugnazione è aumentato da centoventi a centottanta giorni dalla cessazione del contratto. Al momento, le normative applicabili ai contratti a tempo determinato sono dunque quattro: fino al 13/7/2018 il D.lgs. 81/2015; dal 14/7/2018 all'11/8/2018 il D.L. 87/2018; dal 12/8/2018 la legge 96/2018; dall'1/11/2018 art. 1, comma 2, L. 96/2018.
Autore: Tommaso Dilonardo 06 apr, 2022
In caso di somministrazione illecita, il lavoratore può chiedere il risarcimento del danno e l'assunzione all'utilizzatore.
Autore: Tommaso Dilonardo 27 feb, 2022
Il lavoratore ha un pieno diritto di difesa che dev'essere esercitato con molta attenzione, per evitare che tale diritto di difesa sia leso o vanificato.
Autore: Tommaso Dilonardo 27 feb, 2022
Tutti i licenziamenti si possono impugnare. Se viene accertata l'illegittimità del licenziamento, il lavoratore ha diritto a un risarcimento e, in alcuni casi, alla reintegrazione nel posto di lavoro.
Autore: Tommaso Dilonardo 26 feb, 2022
Il lavoratore licenziato ha diritto a una indennità solo nel caso che il licenziamento sia illegittimo, vale a dire solo se il licenziamento viola qualche norma. Il licenziamento dev'essere impugnato, a pena di decadenza, entro 60 giorni dal giorno in cui se ne viene a conoscenza. Il ricorso dev'essere depositato presso il tribunale competente entro i 180 giorni successivi.
Mostra altri post
Share by: